Usiglian del vescovo, la sfida delle unicità
Data: 15-10-2024
Il tratto di strada sterrata che porta a Usiglian del Vescovo è una sorta di camera di decompressione. Quei 2 km finali necessariamente ti fanno abbassare la velocità e ti obbligano a guardare fuori dal finestrino con più calma, ad immergerti in un paesaggio di grande bellezza e suggestione, a riscoprire il contatto con la terra, in una dimensione più lenta, più umana.
La suggestione sale dopo aver parcheggiato: il silenzio ti assale, risvegliando tutti i sensi.
Così siamo pronti a metterci nelle mani di Elena, Linda e Francesco per conoscere le particolarità dell’azienda del contesto naturale del quale fa parte.
E basta far due passi per notare tre caratteristiche: terreni a prevalenza sabbiosa, resti di conchiglie un po’ ovunque ed un punto di vista molto aperto che spazia dalla torre federiciana di San Miniato, al borgo di Montecastello, fino a arrivare nelle giornate più nitide al mare.
Proprietà della holding alla quale fa capo la manager Luisa Angelini, 160 ettari divisi tra vigneti, uliveta, coltivazione di erbe aromatiche, bosco.
Una sensibilità nell’elevare la propria unicità che si legge ovunque, dalle mappe di zonazione dei propri vigneti, fino ad ogni singola goccia che ritroviamo nel calice. Ed è chiara soprattutto nelle parole di Francesco che ci parla del mondo Usiglian del Vescovo ma anche dei suoi recenti studi sulle percezioni sensoriali e delle iniziative eclettiche che proporrà su quel tema.
Un’unicità che prende vita da una natura incontaminata, dalla memoria storica delle persone e del luogo (documenti attestano che la proprietà fu donata da Matilde di Canossa al vescovo di Lucca nel 1078) e dalla continua ricerca in ambito agronomico e enologico che Francesco Lomi e Federico Ricci mettono in pratica, permettendo di praticare un’agricoltura di tipo sostenibile che sia custode del territorio e che dia la possibilità di creare vini contenenti tutta l’energia dei luoghi in cui nascono.
E la migliore sintesi di tutto questo la troviamo nei vini della linea Carati unici, nei quali ogni anno si prova a valorizzare il prodotto del vigneto. Vini concettuali e sorprendenti.
Partiamo dal 2018 con il rubino rosso Midnight Star, fresco, morbido e ammaliante.
Passiamo dal diamante Pink Panther, rappresentante dell’annata 2021, un rosato che, in parte, fermenta in legno e affina in anfore di cocciopesto che ha l’obiettivo di stravolgere l’idea di semplicità legata ai vini rosati.
Si arriva al 2022, con il vino forse più sorprendente, la Rosa del Deserto, un fiore prezioso e che nasce dalle sabbie. Fresco, elegante e dotato di una potenza e una lunghezza fruttata da lasciare a bocca aperta. Un rosso che non fa malolattica e che affina in cocciopesto prima di arrivare nei nostri bicchieri e stimolare in un modo unico le nostre percezioni sensoriali.
Dario Pantani